In questo secondo numero del nostro Bollettino abbiamo voluto prendere come tema le stesse parole che Gesù Risorto rivolse ai suoi discepoli, precisando il mandato missionario: “Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 15, 15, Cfr Mt 28, 19-20). Il motivo di questa scelta è triplice: primo, perché il nostro Collegio, avendo celebrato i 70 anni dalla sua fondazione, è chiamato a ritornare sempre allo spirito fondatore, per un rinnovamento e una nuova partenza. Il secondo motivo è congiunturale, perché ci avviamo verso la fine dell’anno accademico, e un bel numero di 56 sacerdoti lasceranno il Collegio per ritornare nelle rispettive comunità diocesane e religiose, per proseguire la loro missione apostolica.
Fondato nel 1947, il nostro Collegio continua ad offrire un ambiente favorevole per la formazione di nuovi sacerdoti che vengono per proseguire gli studi nei vari atenei dell’Urbe. In questa comunità, ci rimettiamo in ascolto di questo “andate” categorico, che Cristo ci dice con fermezza. La sua voce ci ricorda l’urgenza di predicare la gioia del “sì di Dio all’uomo”, perché la nostra vita sia come una grammatica attraverso la quale il Vangelo viene annunciato a tutti gli uomini, per suscitare il “sì dell’uomo a Dio”. E chi ci comanda non conosce pari, perché non esiste autorità più alta che possa comandarci di andare.
Infine, il mandato missionario costituisce l’essenza stessa della Chiesa. Infatti, la Chiesa per natura sua è missionaria come ha fortemente affermato il Concilio Vaticano II: “La Chiesa pellegrina, per sua natura, è missionaria in quanto che dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine” (AG n.2). Ogni fedele di Cristo in genere, e ogni sacerdote in particolare, deve portare la missione nel cuore.
È Dio stesso che ci sta dicendo “andate”, chiedendoci di muovere tutto ciò che è fermo e avverso a lui, dentro e fuori di noi. È un comando che non si può comprendere che nell’obbedienza. Rispondere con obbedienza a questa chiamata apre una nuova prospettiva di vita, quando il Signore ci chiama e ci dà la possibilità di fare qualcosa per lui, con l’aiuto del suo Spirito.
“Andate e proclamate il vangelo” ricorda che siamo testimoni, impegnati sulle frontiere di una testimonianza che è sempre da rinnovare. Il co- mando ci spinge a muoverci verso nuovi approdi. Per i confratelli che ritornano nelle loro diocesi, il nostro tema li chiama a non rintanar- si nell’intimità protetta del nido, perché così non sentirebbero l’urgenza, la forza e il valore dell’espressione “andate”. Noi siamo stati collocati da Gesù negli spazi del mondo, non negli stagni: “andate in tutto il mondo”. Siamo stati collocati negli sguardi infiniti del mondo, non nella mio – pia delle nostre case, delle nostre culture, delle nostre “sicurezze”. Il signore Gesù che ci dice “andate”, è andato prima di noi, e ci chiede di seguire lui, che è stato mandato dal Padre.
Dobbiamo annunciare il Vangelo, la Buona Novella, che è una persona, Gesù Cristo. Che tutti sappiano che “nessun altro nome (...) sotto il cielo è stato concesso agli uomini, per il quale siamo destinati a salvarci” (Atti. 4,12). È Cristo che predichiamo, è lui che è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1, 23-24). Il Kyrios da annunciare è Cristo Gesù, che “porta un nome scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori” (Ap. 19, 16). A tutti è destinata la salvezza derivante dal Vangelo cioè da Gesù Cristo Re dei re, Re della storia, delle nazioni, della società umana, e Signore dei signori, nella Chiesa e nella società, in tutti i luoghi dove viene invocato.
Fondato nel 1947, il nostro Collegio continua ad offrire un ambiente favorevole per la formazione di nuovi sacerdoti che vengono per proseguire gli studi nei vari atenei dell’Urbe. In questa comunità, ci rimettiamo in ascolto di questo “andate” categorico, che Cristo ci dice con fermezza. La sua voce ci ricorda l’urgenza di predicare la gioia del “sì di Dio all’uomo”, perché la nostra vita sia come una grammatica attraverso la quale il Vangelo viene annunciato a tutti gli uomini, per suscitare il “sì dell’uomo a Dio”. E chi ci comanda non conosce pari, perché non esiste autorità più alta che possa comandarci di andare.
Infine, il mandato missionario costituisce l’essenza stessa della Chiesa. Infatti, la Chiesa per natura sua è missionaria come ha fortemente affermato il Concilio Vaticano II: “La Chiesa pellegrina, per sua natura, è missionaria in quanto che dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine” (AG n.2). Ogni fedele di Cristo in genere, e ogni sacerdote in particolare, deve portare la missione nel cuore.
È Dio stesso che ci sta dicendo “andate”, chiedendoci di muovere tutto ciò che è fermo e avverso a lui, dentro e fuori di noi. È un comando che non si può comprendere che nell’obbedienza. Rispondere con obbedienza a questa chiamata apre una nuova prospettiva di vita, quando il Signore ci chiama e ci dà la possibilità di fare qualcosa per lui, con l’aiuto del suo Spirito.
“Andate e proclamate il vangelo” ricorda che siamo testimoni, impegnati sulle frontiere di una testimonianza che è sempre da rinnovare. Il co- mando ci spinge a muoverci verso nuovi approdi. Per i confratelli che ritornano nelle loro diocesi, il nostro tema li chiama a non rintanar- si nell’intimità protetta del nido, perché così non sentirebbero l’urgenza, la forza e il valore dell’espressione “andate”. Noi siamo stati collocati da Gesù negli spazi del mondo, non negli stagni: “andate in tutto il mondo”. Siamo stati collocati negli sguardi infiniti del mondo, non nella mio – pia delle nostre case, delle nostre culture, delle nostre “sicurezze”. Il signore Gesù che ci dice “andate”, è andato prima di noi, e ci chiede di seguire lui, che è stato mandato dal Padre.
Dobbiamo annunciare il Vangelo, la Buona Novella, che è una persona, Gesù Cristo. Che tutti sappiano che “nessun altro nome (...) sotto il cielo è stato concesso agli uomini, per il quale siamo destinati a salvarci” (Atti. 4,12). È Cristo che predichiamo, è lui che è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1, 23-24). Il Kyrios da annunciare è Cristo Gesù, che “porta un nome scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori” (Ap. 19, 16). A tutti è destinata la salvezza derivante dal Vangelo cioè da Gesù Cristo Re dei re, Re della storia, delle nazioni, della società umana, e Signore dei signori, nella Chiesa e nella società, in tutti i luoghi dove viene invocato.